NON LASCIAMO CHE SIA L’AIDS A VINCERE

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A cura di Paolo Meli

HIV

Quando parliamo dell’HIV, il rischio è quello di una visione centrata sulla situazione dei paesi occidentali che dimentica le dimensioni globali del problema e, soprattutto, le grosse difficoltà nell’affrontare l’epidemia nei paesi più poveri.

Ci si focalizza, giustamente, sui diritti sociali e civili delle persone affette dalla malattia nella nostra società, sulla necessità di superare stigma e pregiudizi e sulla necessità di rilanciare l’attenzione preventiva dando per scontato il diritto alla cura che, in paesi come l’Italia è garantito universalmente.

Ma si rischia di dimenticare che in molti paesi tale diritto basilare è garantito solo parzialmente e che troppe persone soffrono e muoiono perché non possono accedere alle cure.

I progressi fatti a livello globale nel fornire il trattamento contro l’HIV a un maggior numero di persone sono stati significativi, ma non sono sufficienti: secondo il rapporto UNAIDS, diffuso nell’ultima Giornata mondiale contro l’AIDS, nel mese di giugno 2015, 15,8 milioni di persone erano sotto terapia antiretrovirale (ART), un incremento di 2,2 milioni di persone rispetto all’anno precedente.

Ma le persone con HIV sono circa 37 milioni, di cui 26 milioni nell’Africa Sub Sahariana, e per raggiungere l’obiettivo globale di 30 milioni di persone sottoposte a trattamento entro il 2020, devono esserci tre milioni di nuovi pazienti trattati ogni anno.

Affinché i paesi accolgano e implementino le linee guida dell’OMS serve volontà politica e sostegno finanziario, in particolare per i paesi con una copertura limitata del trattamento HIV, che altrimenti rischiano di essere lasciati indietro. Oggi, a livello globale, quasi la metà delle persone affette da HIV ha accesso alle cure, ma la copertura del trattamento precipita a meno del 25% in paesi come Repubblica Centrafricana, Ciad, Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan.

L’obiettivo globalmente condiviso di debellare l’epidemia di HIV entro il 2020, non verrà mai raggiunto se non verrà data una forte accelerazione alla risposta contro il virus in Africa centrale e occidentale dove le persone sieropositive continuano a soffrire inutilmente e a morire in silenzio,

come avverte Medici Senza Frontiere in un nuovo rapporto.

Il problema sembra anche essere legato anche alle strategie messe in atto focalizzate solo sui paesi ad alta prevalenza di infezione: “La tendenza delle agenzie internazionali a concentrarsi sui paesi a maggiore prevalenza di HIV e sui punti nevralgici dell’Africa sub-sahariana rischia di trascurare l’importanza di colmare il divario di trattamento nelle regioni con scarsa copertura antiretrovirale. Le esigenze dell’Africa occidentale e centrale restano enormi: tre persone su quattro non accedono alle cure per l’HIV – che corrisponde a 5 dei 15 milioni di persone che dovrebbero iniziare il trattamento entro il 2020”, afferma il dottor Eric Goemaere, referente di MSF per l’HIV. Le regioni dell’Africa occidentale e centrale sono considerate a bassa prevalenza di HIV con il 2,3% della popolazione che convive con il virus. Tuttavia questo dato rappresenta tre volte la prevalenza mondiale che è dello 0,8%, con alcune aree che raggiungono addirittura il 5% di persone affette da HIV/AIDS ovvero la soglia che definisce l’alta prevalenza. A dispetto di questa bassa prevalenza, dalla regione dell’Africa Occidentale e Centrale proviene 1 su 5 nuovi casi di HIV/AIDS dell’intero pianeta uno su quattro decessi correlati all’AIDS e a circa la metà di neonati affetti dal virus. Ciò è dovuto a una copertura antiretrovirale molto bassa che raggiunge appena il 24% della popolazione che ne ha bisogno.

Msf denuncia: “Il sistematico abbandono della regione è un tragico errore strategico: si lascia che il virus svolga indisturbato il suo lavoro mortale mettendo a repentaglio l’obiettivo di frenare l’HIV/AIDS in tutto il mondo”.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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