Non sarà l’HIV a fermarmi

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A cura di Caterina Pellegris
Questa è la storia di Cinzia – nome di fantasia – una donna che ha scoperto di avere l’HIV 26 anni fa,  è la storia di come questo le ha cambiato la vita, nel bene e nel male.

Simona3

Ho 46 anni, ho 2 figli, un ex-marito, un ex-convivente,  un compagno e ho l’HIV. Mi sento serena e ho raggiunto oggi un certo equilibrio ma non è sempre stato così e non è stata una passeggiata. 

Ho preso l’HIV negli anni della mia sbandata adolescenziale, un breve periodo di tossicodipendenza, dal quale sono uscita con l’aiuto della mia famiglia e la mia  forza di volontà, ma che mi ha lasciato come ricordo indelebile l’infezione. Quando ho scoperto di avere l’AIDS – allora non si distingueva tra HIV e AIDS – è stato davvero difficile da digerire, erano anni in cui sembrava non esserci grandi prospettive, ho visto morire molti ragazzi dalle mie parti. Ma la scoperta di quello che mi stava succedendo è stato lo stimolo per cambiare vita.

Se mi rimaneva poco tempo, volevo che la mia vita avesse un senso, volevo giocarmi tutte le mie carte. Ogni giorno era importante e lo volevo vivere intensamente, recuperando il tempo buttato via nella droga.

Sono andata avanti, mi sentivo bene, non stavo male e non mi sono fatta fregare dalla voglia di tornare a farmi. A pensarci bene, l’HIV è stato il motore per uscire dalla spirale della dipendenza.

Volevo vivere. Volevo amare ed essere amata. Ma da chi? Chi mi avrebbe voluto sapendo che avevo l’HIV?

Ho incontrato il mio ex-marito, un ragazzo straniero bellissimo, o almeno io lo vedevo così, che si è interessato a me senza preoccuparsi dell’infezione. Non gli interessava, anzi spavaldamente se ne infischiava dei rischi. Ci siamo sposati, lui mi accettava incondizionatamente e tanto mi bastava. Abbiamo avuto due splendidi figli, ma non mi sono mai goduta appieno la gravidanza con il terrore di infettare i bambini. Oggi, se fai le cose per bene e sei monitorata dai medici, non rischi più, ma nel 1995…Mi è andata bene sia la prima che la seconda volta e non smetto di ringraziare i santi del paradiso per questa grazia. Sono la mia grande gioia, li ho cresciuti praticamente da sola, perché presto sono venute fuori tutte le difficoltà del rapporto con il loro papà, le differenze culturali e caratteriali che io non avevo voluto vedere perché offuscata e grata della sua accettazione incondizionata.

È stata dura per me ammettere il fallimento e chiudere quel rapporto, a maggior ragione perché pensavo che non avrei trovato nessun altro così disponibile ad accogliere la mia malattia.

Ecco se ripenso alle mie relazioni passate, quella che si è fatta influenzare di più nel rapporto di coppia dall’HIV, sono stata io. Inconsciamente ciò che ho cercato negli uomini e ho valutato come importante è stato il loro approccio con la mia infezione. Il resto è venuto in secondo piano… ma in una relazione di coppia, ora l’ho capito, sono altre le cose che vanno valutate.

I medici mi hanno sempre detto che ho una straordinaria resistenza al virus, per anni non ho dovuto nemmeno prendere farmaci, il mio corpo reagiva da solo all’infezione, ma il mio cuore e la mia anima no.

Mi sentivo una donna segnata, ho abbassato la testa e ho cominciato a lavorare come una pazza per mantenere i miei figli, per non appesantire mia mamma. Ho cercato di non affrontare il problema, trasformandomi in una donna “efficiente”, nell’associazione mi chiamavano la supermamma, avevo sempre l’occorrente nella borsa, un po’ alla Mary Poppins.

Era il mio modo per cercare di compensare, di nascondere le mie profonde insicurezze.

Però ho saputo anche chiedere aiuto, non mi sono isolata e l’aver trovato nel gruppo di Vivere al Sole lo spazio per condividere gioie e dolori, dubbi e incertezze del crescere i figli è stato per me essenziale.

Tutte mie insicurezze sono venute fuori quando è arrivato il momento di parlare ai miei figli, ormai grandi, della mia situazione. Avevo dovuto già affrontare la cosa quando erano più piccoli: il padre per mettermi in difficoltà aveva detto loro di starmi lontano perché ero malata, avevo “il sangue sporco” e che sarei morta presto. Li avevo tranquillizzati, insieme agli educatori di Vivere al Sole, avevamo spiegato loro, con un linguaggio adatto a bambini di 4-5 anni, che la mamma aveva pochi “carri armati” nelle difese del corpo, ma che stava bene e non dovevano preoccuparsi. Per altro in quel periodo, non prendevo nemmeno i farmaci e per anni i ragazzi non hanno visto pillole in giro perciò si sono accontentati della spiegazione e non se ne sono più preoccupati. Quando è venuto il momento di dare un nome al mio problema di salute, ho fatto fatica:0

come qualsiasi genitore, ho avuto paura che i miei figli mi giudicassero male, ho temuto che sarebbe cambiato il nostro rapporto.

Invece, i ragazzi sono stati splendidi, forse ci erano già arrivati da soli, forse il fatto di aver frequentato sempre il gruppo delle famiglie di Vivere al Sole ha permesso loro di rielaborare la notizia con serenità. Sono cresciuti con coetanei che hanno l’HIV dalla nascita, che stanno benissimo, hanno imparato che

l’infezione è solo un “dettaglio” sanitario ma che non fa la differenza nei rapporti con le persone.

Certo ho dovuto raccontargli dei miei problemi con la droga ed è stato questo molto più difficile. Però, ho potuto dire loro che ho fatto delle scelte sbagliate più o meno quando avevo la loro età, ma che poi ho trovato la forza per correggere i miei errori. Hanno capito, anche se penso che non sia stato facile, si sono scontrati con la realtà (che devono affrontare tutti i figli) che la loro mamma non è perfetta. Ma abbiamo superato anche questa fase, anzi probabilmente ne siamo usciti più forti e più uniti.

Ed oggi ho risolto tutto? Forse no, anzi sicuramente no, ma ho la consapevolezza che ce la posso fare, ho affrontato e superato tutti gli ostacoli che la vita mi ha posto davanti, ho sbagliato e ho riparato ai miei errori come meglio ho potuto.

Sono una donna, sono una mamma e sono una compagna felice.  Ho ancora un sacco di cose da fare, sperimentare e godere, ho dei progetti e non sarà certo l’HIV a fermarmi. 

 

3 responses to “Non sarà l’HIV a fermarmi

    1. Cinzia ti ringrazia Gigi. Abbiamo voluto raccontare alcuni momenti della sua vita perchè crediamo che emerga il messaggio più importante: la vita continua anche se hai l’HIV, come per tutte le cose della vita, sta a noi trasformare ciò che di brutto ci succede in un’occasione per crescere e per migliorare. lei ci è riuscita.

  1. Grande donna ,ha avuto la foryuna di avere dei figli e di essere etero .per un gay e molto piu dura .esiste la negazione di tutyo .speriamo ora con le unioni civilui qlcsa cambia .grazie della tua esperienza di vita .

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