Progetto Nazionale AIDS: tra bilanci e rilanci

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A cura di Caterina Pellegris

Qualche settimana fa, abbiamo partecipato alla presentazione dei risultati del monitoraggio della prima annualità del Progetto Nazionale AIDS di Caritas Italiana.

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Una delle caratteristiche salienti del Progetto Nazionale è quella di aver da subito messo in campo un’azione di monitoraggio ben strutturata, avvalendosi della collaborazione di un team di valutatori esterni dell’Università La Sapienza di Roma che ha collaborato, sin dalle prime fasi della progettazione, con la Cabina di regia di Caritas Italiana e con i referenti delle varie Caritas. Questo approccio valutativo ha permesso, alla conclusione della prima annualità di avere un quadro quali-quantitativo molto dettagliato di quanto è stato fatto, restituendo in un’unica istantanea tutti i dati dei vari progetti locali.

Ne è venuto fuori ad esempio che le Caritas coinvolte dal Progetto Nazionale sono “solo” 16, ma raccolgono il 28% della popolazione italiana, riguardando diverse diocesi molto grandi, tra cui Milano e Roma; sono abbastanza distribuite sul territorio nazionale, con l’eccezione della Lombardia che da sola è rappresentata da 4 Diocesi.

In questi primi 16 mesi di lavoro, le azioni svolte sono state ben 196, nelle tre aree definite a priori dalla Cabina di regia: sensibilizzazione, informazione e formazione.

L’area in cui sono state svolte più azioni (53% del totale) è di gran lunga la “sensibilizzazione“, meglio descritta come “il complesso delle azioni che hanno per obiettivo prioritario l’aumento dell’attenzione del partecipante su una specifica tematica”.In questa area, 103 sono state le azioni che si possono suddividere sostanzialmente in due tipologie: gli incontri e gli eventi. Ad essa appartengono anche tutte le azioni intraprese per celebrare la Giornata Mondiale della lotta all’AIDS. Le persone coinvolte direttamente sono state 11.913 a cui vanno aggiunti 538 destinatari indiretti, cioè le figure intermedie con le quali ci si è interfacciati per la finalizzazione dell’intervento, come ad esempio dirigenti scolastici, parroci etc.

Un discorso specifico merita il 1 Dicembre: molte delle azioni messe in campo hanno avuto una valenza comunicativa difficilmente rilevabile data la natura degli eventi. È stata fornita una stima presunta del numero di destinatari raggiunti, non potendo avere certezza, ad esempio, di quanto una tiratura di un quotidiano locale o di uno spot radiofonico abbiano potuto raggiungere il target prefissato. Ciò malgrado, tenendo conto dei ‘flashmob’, delle mostre, degli spettacoli teatrali, degli spot radiofonici, degli interventi in trasmissioni televisive, dei concorsi fotografici, dell’affissione di manifesti, degli eventi organizzati in strada e delle altre attività implementate, è stata calcolata la cifra di 1.421.106 destinatari presumibilmente raggiunti.

Nell’area della “informazione”, che è stata intesa come “il complesso delle azioni promosse per determinare nel destinatario (non operatore specifico) e nella comunità un aumento delle conoscenze di base, sono state svolte 38 azioni (19% del totale) che hanno raggiunto 4.374 persone direttamente a cui si aggiungo 174 figure di intermediari.

Nell’area della “formazione“, che riguarda “la totalità delle azioni mirate ad accrescere l’autonomia conoscitiva e le competenze del professionista (operatore specifico)”, infine, sono state sviluppate 55 azioni che hanno riguardato 2.953 destinatari diretti e 144 intermediari.

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In gran parte delle realtà territoriali coinvolte, la ‘sensibilizzazione’ è stata prevalente su altre aree di intervento (ed in un caso esclusiva). Ciò testimonia quanto nella percezione dei Gruppi diocesani, l’attenzione sul tema HIV/AIDS dell’intera comunità sia nel tempo calata e quanto sia stato ritenuto necessario ravvivare il suo interesse al fine di “preparare il campo” all’introduzione di iniziative di informazione e/o formazione.

Se però si analizzano le ore impiegate per svolgere le azioni succitate, le cose cambiano un po’.

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Se si esaminano le ore effettivamente impegnate nelle diverse tipologie di attività, è possibile farsi un’idea più precisa di quello che è stato l’intervento prevalente in ciascuna Diocesi, correggendo l’impressione derivante dalla sola considerazione del numero di attività svolte in ciascuna area. La somma complessiva delle ore di formazione realizzate supera, se pur con uno scarto ridotto, le ore totali impiegate nella sensibilizzazione del target, rappresentando il 39% delle ore totali. Quindi, sebbene il numero delle azioni sia decisamente sbilanciato verso le azioni di sensibilizzazione, bisogna considerare l’impegno temporale per capire dove alcune Diocesi, come ad esempio la nostra di Bergamo, hanno investito maggiori sforzi. D’altronde la natura stessa dell’intervento formativo e la complessità del tema hanno comportato un investimento in termini di ore importante, con percorsi di più incontri per piccoli gruppi.

La necessità di assegnare ciascuna azione ad una sola area sulla base della natura prevalente ad essa riconosciuta ha determinato, verosimilmente, una minor presenza delle attività informative (19%), in quanto queste ultime possono facilmente intersecarsi e sovrapporsi ad interventi di sensibilizzazione.

Mettendo insieme tutti i dati, si stima che complessivamente il Progetto Nazionale AIDS abbia raggiunto nella sua prima annualità 20.800 persone, di cui poco più della metà sono adolescenti e giovani al di sotto dei 30 anni.

Un dato interessante è aver raggiunto 919 religiosi, il 5% dei destinatari. Non è poco, se si considera le difficoltà che alcune dei Gruppi di lavoro diocesani hanno riscontrato nel momento in cui proponevano il tema HIV/AIDS nelle Parrocchie. Che sia dipesa da una mancata percezione del bisogno, da parte della comunità cristiana, di affrontare il tema dell’HIV/AIDS e/o dalla necessità di riconoscere priorità ad altri temi, l’assenza di una piena condivisione delle motivazioni alla base del Progetto in alcune realtà parrocchiali ha determinato, probabilmente, una scarsa adesione alle iniziative proposte da parte delle rispettive comunità di riferimento.In alcuni casi addirittura si sono registrate, in ambito ecclesiale, esplicite manifestazioni di indisponibilità e chiusura al tema proposto. In altri contesti diocesani, la credibilità e la fiducia di cui può godere il religioso all’interno della propria Comunità sembrano essere state, viceversa, garanzia di partecipazione e filtro per raggiungere soprattutto il target adulto. In tutto, sono state raggiunte 108 parrocchie e 55 zone pastorali.

Altro contesto fondamentale, è stata la scuola, luogo in cui sono stati raggiunti il maggior numero di destinatari diretti. 76 scuole hanno partecipato alle iniziative, condividendo la necessità di diffondere una cultura della prevenzione, ma anche dell’accoglienza nelle giovani generazioni. 

Importante è stato il coinvolgimento dei partner e la costruzione di una rete attorno alle attività di progetto: complessivamente sono stati 49 gli attori coinvolti nelle varie azioni, di diversa natura: aziende ospedaliere e sanitarie, consultori, consulte studentesche, cooperative sociali, istituti penali, uffici di pastorale ecc. Molte diocesi hanno coinvolto la società civile e la Comunità ecclesiastica per organizzare soprattutto gli eventi del 1° Dicembre.

Questi sono solo alcuni dei dati quantitativi che sono stati raccolti durante il monitoraggio, accompagnati da una riflessione più qualitativa che è stata richiesta ai gruppi di lavoro diocesani. Senza nascondere le difficoltà incontrate, che sono state diverse a seconda del contesto diocesano, e che hanno comportato uno scostamento nei tempi di realizzazione delle attività come progettate del 43%, emerge un quadro di grande ricchezza di iniziative ed esperienze, competenze che si sono costruite in itinere e che spesso hanno portato a cambiare in corso d’opera la successione delle iniziative e ad aggiungere azioni a quelle progettate inizialmente: 45 azioni non previste danno il senso della capacità di saper cogliere al volo le opportunità, rileggendo il contesto e modificando i propri piani.

Resta ancora  molto da fare, la seconda annualità è già nel pieno del suo svolgimento, ma i gruppi di lavoro diocesano hanno uno strumento in più: l’analisi dei dati di monitoraggio della prima annualità ci ha mostrato dove abbiamo raggiunto bene gli obiettivi e dove invece abbiamo fatto più fatica; toccare con mano “i numeri” ci ha caricato di entusiasmo, da una parte, e di responsabilità dall’altra. L’esperienza maturata nella prima annualità è servita a ri-progettare con più attenzione le azioni della seconda, forti di una maggiore competenza nella lettura dei contesti, e di una rete di collaborazioni sul territorio che si sono create o rafforzate durante il progetto.

Rimane forte la motivazione di noi tutti a risvegliare le coscienze e di suscitare un interessamento attivo, informato ed accogliente dell’intera comunità verso le persone con HIV/AIDS, abbattendo il muro del silenzio e dell’indifferenza che si trasforma in paura e pregiudizio quando il virus si fa persona accanto a noi.

2 responses to “Progetto Nazionale AIDS: tra bilanci e rilanci

  1. Desideriamo ringraziarla per l’ottimo articolo, che riprende puntualmente alcune nostre valutazioni su un Progetto di forte rilevanza sociale. Prof. Maurizio Marceca e Dr.ssa Melinda Intini, consulenti esterni per Caritas Italiana.

    1. Grazie a voi per gli stimoli e il supporto che sicuramente hanno migliorato il nostro modo di lavorare su questi temi e la capacità di raggiungere gli obiettivi prefissati.

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