Progetto nazionale aids
L’impatto su conoscenze e stigma.

|

A cura di Caterina Pellegris

Settimana scorsa, in questo blog abbiamo ampiamente descritto i risultati del monitoraggio del Progetto Nazionale AIDS. Tanti numeri che hanno dato sicuramente un quadro della mole di lavoro svolta dalle 16 Caritas partecipanti. Ma che effetti ha avuto questa massiccia azione?

laura-rancilioPer valutare l’efficacia degli interventi è stato utilizzato lo strumento dei questionari di cui oggi parliamo con Laura Rancilio,  di Caritas Ambrosiana, membro della Cabina di Regia del Progetto Nazionale AIDS di Caritas Italiana.

Quella di utilizzare lo strumento dei questionari è stata da subito un’indicazione chiara per  tutti i gruppi di lavoro, soprattutto negli interventi formativi, non solo per fotografare le conoscenze iniziali sulla tematica dell’HIV/AIDS, ma anche per valutare l’efficacia degli interventi e la nostra capacità di incidere sulle conoscenze e sullo stigma

Come avete impostato il lavoro?

Con tutte le Caritas coinvolte abbiamo creato un elenco corposo di domande, tra cui sono stati individuati 10 quesiti obbligatori, abbiamo lasciato a ciascuna Caritas la libertà di scegliere  quali domande ulteriori aggiungere, con l’indicazione di inserire solo ciò che poi effettivamente sarebbe stato trattato durante le iniziative e di commisurare la quantità dei quesiti proposti  alle ore complessive dell’intervento. Abbiamo inoltre dato indicazione di  somministrare i questionari prima e dopo l’intervento perchè in fase di rielaborazione dei risultati questo avrebbe consentito di misurare gli spostamenti delle conoscenze delle persone intervistate.

Quindi lo sforzo richiesto alle Caritas aderenti al Progetto Nazionale è notevole. Come sta andando?

Nella prima annualità abbiamo raccolto globalmente 7384 questionari validi, autocompilati, somministrati principalmente in occasione di azioni di informazione e formazione, ma occasionalmente anche durante attività di sensibilizzazione. Il campione raccolto è già abbastanza significativo, ma alla fine della seconda annualità lo sarà ancora di più. Dal momento che la maggior parte degli interventi sono stati realizzati con giovani, ne deriva che quasi il 60% del campione è al di sotto dei 20 anni, le altre fasce di età sono invece equidistribuite. Ad oggi, c’è un sostanziale equilibrio di genere tra i compilatori del questionario,.

Quali sono le indicazioni più interessanti che sono emerse dall’analisi delle risposte ai questionari?

Innanzitutto, emerge un quadro positivo dal punto di vista delle conoscenze di base, testate attraverso le domande obbligatorie: la percentuale di risposte appropriate in queste domande basilari è già piuttosto elevata prima degli interventi, ma sale indiscutibilmente per tutte le voci nel post e per tutti i destinatari. La questione meno conosciuta e più complessa da far comprendere riguarda la possibile trasmissione madre-figlio nel corso della gravidanza/parto o mediante l’allattamento al seno.

questionario_competenzebase

 

Sulla base delle risposte corrette a queste 10 domande obbligatorie si è costruito un indice di competenza –risposte appropriate- da 0 a 10. I valori medi della competenza (tra chi ha risposto a tutte le domande) sale da 8,2 nel pre a 9,2 nel post-intervento. Se si analizzano invece le risposte alle domande facoltative che indagavano argomenti non scontati o aspetti di novità rispetto al passato, ad es. che il risultato del test HIV sia assolutamente definitivo a 3 mesi dal comportamento a rischio, che la terapia abbatta il rischio di trasmettere l’infezione, che il numero maggiore di nuove diagnosi di HIV riguardi persone che hanno avuto rapporti eterosessuali, che l’aspettativa di vita possa essere vicina a quella di chi non ha l’HIV, le conoscenze di partenza risultano molte meno corrette, ma sembrano essere in buona misura acquisite nel corso dell’intervento a cui si è partecipato.

 

competenze-non-obbligatorie-2Avete testato anche le conoscenze sulla trasmissione del virus?

Certo, mentre alcune domande su questioni ampiamente trattate nelle campagne informative “anni ‘90” (contatto diretto profondo con sangue infetto, oggetti taglienti, rapporti sessuali vaginali) hanno alte percentuali di risposte corrette anche nei pre, su molti altri aspetti anche cruciali le conoscenze iniziali sono molto meno corrette, ma migliorano in buona misura nel post-intervento. Ritroviamo in tutte le fasce di età ancora i falsi miti della prima ora: la paura che la zanzara trasmetta il virus o che la saliva sia un liquido biologico a rischio è ancora molto diffusa, ma attraverso gli interventi si riesce a correggere  in maniera soddisfacente queste false credenze.

questionario_domandenonobblig2

Mi sembra evidente che funziona incontrare le persone, lavorare con loro: alla fine delle attività le competenze riguardo all’HIV/AIDS sono tutte di gran lunga migliori, si riesce ad incidere su qualunque aspetto.

Sì, in generale possiamo dire così. Questo discorso è certamente valido per le conoscenze sulle quali riusciamo a raggiungere indici di competenza molto alti, come abbiamo visto.  La prospettiva cambia un po’ se andiamo ad analizzare le risposte ai quesiti che indagano gli aspetti dello stigma e della discriminazione sui quali è molto meno immediato riuscire a provocare cambiamenti significativi. Per testare pregiudizi e discriminazione abbiamo usato domande che consentivano risposte numeriche su una scala 1-10, dove 10 esprimeva il massimo di accordo (sì, assolutamente) e 1 il massimo di disaccordo (no, assolutamente).

questionari_discriminazione

Nell’analizzare queste risposte, è stato costruito un indice di discriminazione per valutare gli spostamenti. Le notizie buone sono che già un 66% del campione si collocava prima degli interventi su livelli di discriminazione medio-bassa e che dopo gli interventi si osserva uno scivolamento complessivo verso il basso fino ad arrivare a comprendere in questa fascia l’80% degli intervistati. Gli interventi lasciano correttamente pressoché immodificati alcuni parametri (es. l’AIDS  è una cosa grave) mentre sembrano riuscire a modificare solo parzialmente anche se significativamente alcuni preconcetti (es. che una persona con HIV possa lavorare con i bambini)..

La domanda sulla possibilità che una persona con HIV possa lavorare coi bambini è la più interessante secondo me

La risposta a questa domanda la dice lunga sulla difficoltà di incidere davvero sulla paura e lo stigma.

Probabilmente, si tratta di aspetti complessi che necessitano di spazi di riflessione ed approfondimento più ampi e di un cambiamento personale e culturale non facile da raggiungere rispetto ad un tema di cui si è parlato troppo e male all’inizio e che ora è avvolto nel silenzio e in un apparente disinteresse.

Sicuramente è uno stimolo per le diocesi coinvolte per perseguire con ancor più determinazione e impegno gli obiettivi del Progetto Nazionale AIDS.  

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Seguici via e-mail!

Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.

Articoli recenti

News recenti

Archivio articoli e news

News recenti

Archivio articoli e news

-->