Spiaggia vietata a chi ha l’AIDS!

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Qualche giorno fa, ben prima che la notizia rimbalzasse sulle maggiori testate giornalistiche italiane, abbiamo saputo dagli amici della Casa Alloggio Raggio di Sole di Bitonto dell’episodio di forte discriminazione subito dai loro ospiti che sono stati rifiutati da uno stabilimento balneare perchè “malati di AIDS”. Esprimiamo tutta la nostra solidarietà agli amici pugliesi e pubblichiamo il comunicato stampa del CICA -Coordinamento italiano delle case alloggio per persone con HIV/AIDS– di cui fa parte anche la Fondazione  Santi Medici Cosma e Damiano di Bitonto titolare della casa, in cui si condanna fermamente l’accaduto e si auspica maggior attenzione della società civile e dei media ad una corretta informazione.

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Firenze, 9 luglio 2019

COMUNICATO STAMPA

Oggetto: Gli ospiti della Casa Alloggio per persone con HIV/AIDS Raggio di Sole rifiutate da una struttura balneare della provincia di Bari.

Abbiamo appreso dagli amici della Casa Raggio di Sole di Bitonto (BA) della triste vicenda, riportata da diverse testate giornalistiche, del rifiuto da parte di una stazione balneare del litorale barese di accogliere gli ospiti della struttura per malati di AIDS a causa della loro malattia.

Il Coordinamento Italiano delle Case Alloggio per persone con HIV/AIDS (C.I.C.A.), a cui aderisce anche la Fondazione Opera Santi Medici Cosma e Damiano di Bitonto titolare della casa nata nel 1999, esprime la propria indignazione per tale episodio che, purtroppo, non è isolato.

Situazioni come questa ci ricordano il clima che accompagnò la nascita delle prime case – sorte verso la fine degli anni ’80 per accogliere le persone più fragili e sole tra quelle colpite dalla malattia – caratterizzato da stigma e pregiudizi che, in alcuni casi, scatenarono la reazione dei quartieri in cui le strutture si trovavano e che, più in generale, portavano a frequenti episodi di emarginazione di quanti rappresentavano il “prototipo” del malato di AIDS, omosessuali e tossicodipendenti, anche solo perché sospettati di avere l’HIV e considerati potenziali “untori” di quella che venne infelicemente definita la “peste del 2000”.

Continuiamo ad essere testimoni di situazioni di questo genere. Talvolta, qualche episodio viene raccontato dai media, come quello dei dentisti o dei parrucchieri che si rifiutano di prendersi cura di persone che dichiarano di avere l’HIV. Chi ne è vittima di solito non ne parla per non essere individuato.

Purtroppo, siamo abituati a leggere notizie riguardo ad HIV/AIDS quasi esclusivamente in occasione di episodi di cronaca che consentono di alimentare la “rassicurante” logica dell’untore (e del capro espiatorio), “sbattendo il mostro” in prima pagina, o con reportage che permettono di collocare i comportamenti a rischio in zone “oscure” dei comportamenti umani, da cui prendere le distanze: i recenti casi degli “untori” di Roma e di Ancona, i servizi su fenomeni di ricerca deliberata del rischio in situazione estreme o il timore per i vestiti raccolti sulle navi che trasportano i migranti considerati potenzialmente contaminati e infettivi.

Meglio continuare a pensare che l’HIV sia questione di comportamenti deplorevoli, possibilmente criminali (con relative vittime), comunque stigmatizzabili che lasciarsi interrogare sui propri “normalissimi” comportamenti a rischio nella sfera sessuale ed affettiva. Più comodo pensare che sia necessario allontanare persone con l’HIV da luoghi pubblici, piscine e stazioni balneari che informarsi e capire.

Eppure, ogni anno nel nostro paese più di 3.500 persone scoprono di essersi infettate, la gran parte per via sessuale, con la maggior incidenza nei giovani tra i 25 e i 29 anni. Si stima che il numero totale di persone viventi con HIV/AIDS superi i 130.000 casi, di questi almeno 15.000 non sono consapevoli dell’infezione poiché non hanno mai fatto il test. Per il ritardo nella diagnosi o per la scarsa adesione terapeutica ci si ammala ancora di AIDS e si muore, nonostante la ricerca medica abbia fatto passi da gigante e l’HIV sia diventata una patologia cronica, ben gestibile attraverso farmaci molto efficaci che garantiscono una buona qualità di vita e che, se assunti e monitorati correttamente, annullano la possibilità di trasmettere l’infezione ad altre persone. Usando lo slogan coniato dallo statunitense Bruce Richman: “U=U”, Undetectable equals Untrasmittable. In italiano si dice “non rilevabile = non trasmissibile”: i farmaci a disposizione bloccano la replicazione e quindi la trasmissibilità del virus.

È tempo di dare una svolta all’approccio a questa tematica e ci auspichiamo che anche i mezzi di informazione facciano la loro parte. L’aids non è contagiosa, è contagioso l’HIV non controllato dalle terapie ed ancora di più l’ignoranza che nutre paure e pregiudizio, chi ignora di avere l’HIV e chi ignora come viene trasmesso è pericoloso per sé e per gli altri. Mentre chi ha l’HIV e si cura no.

 

           Il Direttivo del CICA

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