Un blog: la nuova sfida per contrastare l’HIV

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Inauguriamo oggi un nuovo strumento di informazione e sensibilizzazione che con il sito e la pagina facebook completa le novità che l'Associazione Comunità Emmaus ha messo in campo per rilanciare l'impegno accanto alle persone che vivono con l'HIV

Le riflessioni che seguono mirano a presentare la “filosofia editoriale” che farà da sfondo al blog che inauguriamo con questo articolo: vorremmo offrire occasioni di approfondimento scientifico ma anche umano, parlare di progressi terapeutici e nuove scoperte ma stimolare, al tempo stesso, un progresso culturale e sociale. Vi offriremo narrazioni, racconti di vita, perché la condivisione dei vissuti possa diventare occasione di crescita per tutti. Cercheremo di fare aumentare l’attenzione al tema HIV/AIDS sia dal punto di vista personale che collettivo.

Proveremo a farlo col blog ma anche con la pagina facebook recentemente inaugurata, oltre che con le azioni legate a “Osare la Speranza 2.0”, finanziate dal Progetto Nazionale AIDS promosso dalla Caritas Italiana e realizzate in partnership con Caritas Diocesana Bergamasca.

Benvenuti saranno i contributi e i commenti di tutti coloro che hanno a cuore questo problema, vogliono dire la loro e provocare la riflessione.

Sullo sfondo resta il progetto Vivere al Sole, partito vent’anni fa da un’idea dell’Associazione Comunità Emmaus di Bergamo e da gruppo di volontari, inizialmente rivolto ai bambini sieropositivi e alle loro famiglie costrette a vivere “nell’ombra” perché vittime di pregiudizi, cattiva informazione e indifferenza.

Lo slogan, nato dal disegno di una bambina morta di AIDS a 9 anni, rappresenta ancora oggi il bisogno di normalità e di visibilità, la necessità vitale di calore e sicurezza, l’importanza di relazioni accoglienti e rispettose e di una società in cui sia possibile una “vita al sole” anche per chi ha l’HIV e in cui le persone imparino a proteggersi sempre meglio dal virus senza avere paura dell’altro.

Convivere con l’infezione da HIV oggi è profondamente diverso rispetto a 25-30 anni fa. Il primo e importante cambiamento riguarda la cura, oggi le terapie sono in grado di bloccare l’infezione e le aspettative di vita sono pressoché normali. Apparentemente si è ridotto notevolmente anche l’impatto sociale della malattia e, con esso, lo stigma e il pregiudizio che portarono a definire l’AIDS la “peste del nuovo millennio”.
In realtà, il silenzio che circonda questa malattia oggi è un silenzio “assordante”, perché non significa che le paure siano state davvero superate e con esse gli episodi di emarginazione.

È un silenzio che, da un lato, genera una scarsa percezione del rischio di contrarre l’infezione mentre, dall’altro, nasconde la diffusa incapacità di fare i conti con serenità con questa malattia.

Ciò genera deresponsabilizzazione diffusa, quella per cui la gente non fa il test quando ha corso un rischio, e indifferenza.

Purtroppo, l’indifferenza è capace di trasformarsi ancora in paure infondate e pregiudizio quando l’HIV si fa persona in carne e ossa, davanti a noi, persona che incontriamo a scuola, al lavoro, nello sport…

Dentro queste dinamiche, va letto anche il cambiamento del progetto Vivere al Sole che mantiene una matrice culturale e agisce su più fronti: quello della promozione della salute e della prevenzione e quello dell’attenzione sociale ed educativa verso chi contrae l’infezione.

La consapevolezza e l’attenzione a “come” si contrae l’infezione, con la conseguente assunzione di responsabilità personale nell’agire preventivo, devono diventare centrali rispetto alla paura di relazionarsi con “chi” ha l’HIV, con la conseguente capacità di accogliere e rispettare le persone HIVpositive.

Vivere al Sole si pone ancora oggi a fianco delle persone con HIV, offre spazi di ascolto e di counselling, fornisce informazioni sui servizi territoriali e supporto di natura giuridica, sociale e psicologica. Cerca di contrastare la tendenza alla solitudine e all’auto isolamento che caratterizza spesso i vissuti di chi ha l’HIV, promuove gruppi di autoaiuto.

Il problema è che l’HIV spesso mette in discussione le relazioni familiari stesse, a partire da quelle affettive, e la fiducia. Quando l’AIDS fa la sua comparsa dentro un nucleo familiare “normale” spesso quel nucleo è catapultato in una dimensione inaspettata e si è impreparati ad affrontarla anche perché l’HIV porta con se l’immaginario di sofferenza e di morte che ancora circondano la malattia. Entrano in gioco giudizi, sensi di colpa, paure.
È evidente che il primo passo determinante è riuscire ad affrontare la questione coi propri familiari e il nostro approccio prevede, ogni volta che ciò è possibile, il coinvolgimento e il supporto non solo ai familiari ma anche ad amici e a qualsiasi persona significativa. È un approccio sistemico e allargato ed è il miglior modo, dal nostro punto di vista, per agire sui contesti e provocare dei cambiamenti positivi che vanno al di là del singolo intervento.

Una società che si prende cura degli altri, si prende cura di se stessa. Un’azione sociale che agisce sui contesti e sulle relazioni allargate di una persona aiuta quella persona e fa crescere quei contesti.

Riteniamo indispensabile lavorare sui contesti, cercare di cambiare la cultura, di informare, sensibilizzare e formare. A queste funzioni vorrebbe rispondere anche lo sforzo comunicativo attraverso il nuovo sito, la pagina facebook e il blog.

Affrontare il tema dell’HIV significa affrontare questioni profonde e complesse che hanno a che fare con le relazioni, l’affettività e la sessualità.

Una delle sfide dell’HIV, probabilmente la principale, riguarda la capacità degli adulti, educatori e genitori in primis, di dare spazio e tempi adeguati ad una “buona educazione” su questi aspetti fondamentali della vita. Solo raccogliendo la sfida possiamo educare ed educarci al rispetto per sé e per gli altri.

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