Bergamo fast-track city

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Fast Track logo

 

Lunedì 14 Marzo 2019, Bergamo è diventata la seconda città italiana fast-track dopo  Milano. Il sindaco Gori ha firmato la Dichiarazione di Parigi davanti ai rappresentanti delle istituzioni sanitarie (ATS e ASST Papa Giovanni XXIII) e delle associazioni del Terzo Settore che a vario titolo si occupano di HIV in città e provincia.

Fast-Track Cities è una rete che attualmente coinvolge più di 270 città distribuite in tutto il mondo, lo IAPAC – braccio operativo dell’UNAIDS per questa iniziativa –  il Programma delle Nazioni Unite per gli insediamenti umani (UN-Habitat) e la città di Parigi.

L’iniziativa delle Fast-Track Cities parte dall’assunto che nelle città si concentra il maggior numero di persone con HIV e di nuove infezioni, nonchè delle persone più fragili ed esposte al contagio. Il Comune può diventare quindi il protagonista di un’azione mirata a livello locale, uno sforzo congiunto di pubblico e privato che conduca alla riduzione a zero dei nuovi contagi e dello stigma verso le persone con HIV.

La Dichiarazione di Parigi, firmata oggi da Gori impegna la città di Bergamo al raggiungimento di 3 obiettivi:

  • 1. Raggiungere gli obiettivi 90-90-90 fissati da UNAIDS per il 2020
    • Assicurarsi che almeno il 90% di persone con HIV conoscano il loro stato
    • Mettere in terapia almeno il 90% di queste.
    • Rendere il  90% delle persone in terapia con carica virale non rilevabile (U=U)
  • 2. Aumentare l’utilizzo di servizi combinati di prevenzione dell’HIV
  • 3. Ridurre a zero l’impatto negativo dello stigma e della discriminazione

Sul primo obiettivo i dati sembrano confortanti, Bergamo ha già raggiunto e superato i traguardi per il 2020, anche se andrà fatto un lavoro di analisi più minuziosa dei dati, incrociando i dati raccolti da ATS e quelli dell’ospedale Papa Giovanni XXIII per capire se c’è qualcuno che sfugge al sistema di rilevazione.

Per quanto riguarda il secondo obiettivo, le associazioni che già hanno esperienza di test al di fuori dell’ambiente sanitario, a partire da CIVES-ARCIGAY, si sono dette disponibili a lavorare insieme per strutturare e dare continuità a queste iniziative: l’assessore alle Politiche sociali, Maria Carla Marchesi, ha affermato che il Comune ha individuato una sede che potrebbe diventare un checkpoint come quello aperto recentemente a Milano: un luogo dove stabilmente si offre il test per l’HIV accompagnato dal counselling gestito dalle associazioni.

Ma è sul terzo obiettivo la vera sfida, la più difficile, la più complessa: abbattere lo stigma richiede un’azione decisa e prolungata nel tempo. L’analisi dei questionari proposti agli studenti durante gli anni di Osare la Speranza 2.0 hanno dimostrato quanto il lavoro di formazione migliori significativamente le conoscenze, ma non in modo altrettanto rilevante le attitudini verso il pregiudizio e lo stigma. È necessario un lavoro più continuativo ed è fondamentale continuare a diffondere messaggi sistematici sull’inutilità e l’infondatezza di atteggiamenti di paura e giudizio nei confronti delle persone con HIV. Occorre combattere il silenzio che si è abbattuto sulla questione, divulgando i grandi progressi fatti dalla scienza medica,

in particolare lo slogan U=U (Undetectable=Untrasmittable), una persona in terapia con replicazione virale stabilmente azzerata ha la stessa prospettiva di vita di qualsiasi altro, può fare qualsiasi cosa e, soprattutto, non è contagioso per gli altri, nemmeno per il suo partner.

È necessario inserire tra gli obiettivi un 4° 90, che si riferisce alla qualità di vita percepita dalle persone con HIV, come ha evidenziato bene durante la conferenza stampa Paolo Meli, rappresentante di Caritas e Associazione Comunità Emmaus:

“rispetto ad una malattia che non si può dire, che non si può raccontare agli altri, il tema di come affrontare la vita è centrale: allora tutto il percorso di presa in carico, di accompagnamento, soprattutto in occasione della prima diagnosi, deve essere rafforzato, rivisto. Iniziare bene un percorso di cura ti garantisce la tenuta a lungo termine, che in una vicenda cronica e complicata come quella dell’HIV ha i suoi risvolti positivi anche a livello economico”.

Bisogna dare sostegno allora all’ascolto, al supporto psicologico, ai gruppi di auto-aiuto per persone con HIV di recente, ma anche vecchia diagnosi per combattere la solitudine, l’isolamento e l’autostigma.

“È giunto il momento di alzare l’asticella della lotta all’AIDS, coalizzare l’amministrazione cittadina, le molteplici eccellenze associative operanti in città, le forze sociali e le istituzioni sanitarie per favorire una corretta informazione, il superamento dei pregiudizi, e giungere ad una azione sinergica che è alla base di una lotta serrata all’HIV, alle co-infezioni ed allo stigma a loro collegato”

ha affermato Giorgio Gori, Sindaco della Città di Bergamo. L’ultima battuta del primo cittadino è stata

“Firmo io, ma siete impegnati tutti!”

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