Solidarietà globale, responsabilità condivisa

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Ogni anno, il 1 ° dicembre, si commemora la Giornata mondiale contro l’AIDS. Persone in tutto il mondo si uniscono per mostrare sostegno alle persone che sono affette da HIV e per ricordare coloro che hanno perso la vita a causa dell’AIDS. Nel 2020, l’attenzione generale è stata assorbita dalla pandemia, ma COVID-19 ci mostra una volta di più come la salute sia collegata ad altre questioni critiche, come la riduzione della disuguaglianza, il rispetto dei diritti umani, l’uguaglianza di genere, la protezione sociale e la crescita economica.

Quanto COVID-19 impatterà sulle altre patologie lo vedremo nei prossimi mesi.

Il Notiziario dell’Istituto superiore di Sanità appena pubblicato riporta i dati relativi al 2019. Nel 2019, sono state segnalate 2.531 nuove diagnosi di infezione da HIV. È dal 2012 che si osserva una diminuzione costante delle nuove diagnosi da HIV.  Di contro, però, aumenta la quota di persone a cui l’infezione viene diagnosticata tardivamente. Nel 2019, il 58,7% delle persone con una nuova diagnosi di infezione da HIV è stato diagnosticato in fase clinicamente avanzata, con bassi valori di linfociti CD4 o presenza di sintomi. E questo complica il decorso della malattia che se invece viene individuata e trattata precocemente permette una prognosi eccellente, malgrado non sia ancora possibile l’eradicazione del virus.

Non sappiamo quanti test per HIV si facciano realmente in Italia, quindi non sappiamo se si trovino meno casi perché si fanno meno test o se si tratti di un calo effettivo dei contagi.

D’altro canto, però, sappiamo molto bene che le persone con HIV che si curano e hanno una carica virale non rilevabile, cioè con il virus che non è in circolo nell’organismo, non possono trasmettere l’infezione, neanche con rapporti sessuali non protetti. In Italia, l’accesso alle terapie antiretrovirali è gratuito e aperto a tutti.

L’utilizzo esteso delle terapie in tutte le persone con HIV, a prescindere dal livello di compromissione del sistema immunitario, garantito negli ultimi anni, ha senz’altro ridotto il numero di infezioni recenti nei partner delle persone con carica virale soppressa. Ciò potrebbe spiegare in parte anche il fatto che aumentano percentualmente le diagnosi tardive: probabilmente stiamo continuando a vedere vecchie infezioni non riconosciute. Al tempo stesso, è probabile che le persone diagnosticate tardivamente o non ancora diagnosticate favoriscano la diffusione del virus ad altre persone in maniera inconsapevole.

L’arrivo del Coronavirus ha portato nuove problematiche. La forte pressione provocata dalla pandemia comporta una limitazione dell’accesso ai servizi di cura e assistenza presso i reparti di malattie infettive per le persone che vivono con HIV.  Gran parte dei Centri italiani, durante i mesi primaverili di lockdown, ha ridotto drasticamente gli accessi e rimandato gli appuntamenti. Molti servizi di offerta del test HIV sono stati ridotti. In questa recrudescenza della pandemia, vediamo nuovamente il rischio che vengano totalmente sospesi questi servizi.

È necessario invece che vengano mantenuti spazi dedicati perché le persone con HIV possano accedere alle visite col proprio medico infettivologo, in caso contrario non sarà possibile monitorare se le terapie continuano a essere efficaci e ad essere seguite in modo ottimale. Si rischia di vanificare i risultati ottenuti in anni di lavoro per favorire l’accesso alla cura, con pazienti che possono tornare ad avere una carica virale in grado di infettare altre persone.

È fondamentale, dunque, mantenere alta l’attenzione, perché questa situazione potrebbe proseguire molto a lungo comportando gravi danni alle persone con HIV, e problemi sociali ed economici. Lo hanno segnalato le Agenzie di salute globali, OMS e Unaids, il Parlamento Europeo e la Commissione Europea, che paventano il forte rischio di un fallimento degli obiettivi di sviluppo Sdg (Sustainable development goals) del 2030 ed evidenziano un passo indietro rispetto al target 90-90-90: che cioè almeno il 90% delle persone che in un Paese hanno l’infezione sappiano di averla perché hanno fatto il test, che il 90% che sanno di esserlo siano messe in terapia con antiretrovirali e che il 90% delle persone in terapia siano a carica virale zero.

Le sezioni di lotta all’AIDS del Comitato Tecnico Sanitario del Ministero della Salute – di cui anche il Coordinamento Italiano delle Case Alloggio per persone con HIV/AIDS fa parte, assieme a Caritas Italiana, Lila, Anlaids, e tutte le principali organizzazioni nazionali impegnate in questo settore – hanno fatto proprio il richiamo al Governo, alle Regioni e alle singole aziende sanitarie sull’importanza di garantire i servizi HIV di diagnosi, cura e prevenzione anche in questi momenti di emergenza Covid, avvalendosi anche dell’aiuto delle molte organizzazioni della società civile presenti sul territorio.

Le associazione  e le organizzazione del terzo settore continuano nella attività di accoglienza e sostegno alle persone con HIV/AIDS, nella advocacy perché possano continuare ad accedere ad un elevato standard di cure anche nella attuale situazione e, allo stesso tempo, continuano nell’offerta di percorsi di informazione e sensibilizzazione nelle scuole  per aumentare la consapevolezza su questo tema e di offerta del  test rapido anonimo e gratuito in contesti non sanitari ma hanno bisogno di maggior riconoscimento e sostegno istituzionale, oggi più che mai.

A Bergamo, grazie alla collaborazione dell’Ufficio Scolastico Territoriale, nella giornata del 1 Dicembre verrà diffuso nelle scuole superiori della provincia un video appositamente pensato per innescare la riflessione degli studenti sulla responsabilità personale in termini di prevenzione dell’HIV e lotta allo stigma. Il video è presente su Yuotube al link: https://www.youtube.com/watch?v=Apm1LWfXdtw

 

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