Caritas internationalis: l’impegno per l’equità delle cure

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A cura di Caterina Pellegris

 

 

Nelle scorse settimane, Caritas Internationalis, con UNAIDS, con il Programma per la Lotta all’Aids istituito presso la Presidenza Americana (PEPFAR) e l’ospedale pediatrico Bambin Gesù ha convocato in Vaticano i partner mondiali più importanti nella lotta all’AIDS per discutere delle abnormi differenze tra le zone del mondo per quanto riguarda l’accesso al test e le cure farmacologiche dei bambini che vivono con l’HIV.

Ospiti del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, c’erano più di 80 partecipanti: i rappresentanti delle Caritas nazionali soprattutto dei paesi in via di sviluppo, delle organizzazioni cattoliche e degli istituto religiosi che operano nell’assistenza dei malati di AIDS, delle case farmaceutiche, delle Nazioni Unite e del Fondo Globale della lotta all’AIDS, la tubercolosi e la malaria.

Già Medici senza Frontiere aveva lanciato recentemente l’allarme sulle diseguaglianze mondiali di accesso ai farmaci (V. articolo del blog di settimana scorsa), in questa riunione ci si è concentrati sull’HIV pediatrico, forse proprio laddove emergono le differenze più significative.

La medicina e i suoi progressi consentono oggi ad una donna con HIV di poter programmare una gravidanza con la serenità di un rischio di trasmissione praticamente azzerato. Necessari sono nell’ordine: la consapevolezza dell’infezione da parte della donna, la terapia adatta seguita scrupolosamente, la possibilità di un parto medicalizzato (ancora oggi, in Italia, si predilige il cesareo anche se in alcuni centri è possibile un parto per via vaginale) e la scelta dell’allattamento artificiale. In Italia, siamo molto vicini all’obiettivo dello 0% di bambini nati con infezione da HIV, laddove l’infezione si trasmette è perché è venuta meno una delle condizioni sopracitate, di solito riguardante l’inconsapevolezza della madre e/o la scarsa aderenza se non l’assenza delle terapie durante la gestazione.

Ma come va nel resto del mondo?

Molto si è fatto, dal 2000 al 2014 le nuove infezioni tra i bambini si sono ridotte globalmente del 58%. Il 73% delle donne con HIV, gravide nel 2014 hanno avuto accesso alla terapia antiretrovirale per prevenire l’infezione dei bebè. Ma nonostante gli sforzi nel 2014, si stima che circa 220.000 bambini sotto i 15 anni si siano infettati, la maggior parte per trasmissione materno-fetale. Questi bambini che tipo di cure hanno a disposizione?

Pochissime e poco aggiornate. Nei paesi in via di sviluppo gli antiretrovirali pediatrici di 1° linea non sono a disposizione, ma nemmeno spesso quelli di 2° e 3° linea. Ed infatti il bilancio è drammatico: secondo i dati diffusi da UNAIDS, i bambini sotto i 15 anni deceduti a causa di patologie correlate all’HIV sono stati circa 150.000 nel solo anno 2014. Una vera e propria strage che si può e si deve fermare

In Vaticano, tutti i presenti hanno convenuto sull’urgenza di intraprendere nuove misure per accelerare l’accesso equo ai test e ai trattamenti per tutti, ma soprattutto per i bambini che vivono con l’HIV, al fine di fermare l’epidemia di AIDS nel 2030.

Le associazioni cattoliche, ha dichiarato la coordinatrice del US Global AIDS, “erano lì molto prima del Programma per la Lotta all’Aids istituito presso la Presidenza Americana e il Fondo globale per la lotta all’AIDS, la tubercolosi e la malaria. Esse hanno molto da insegnarci perché sono in prima linea nei modelli di erogazione di servizi innovativi e alternativi”.
E secondo il direttore esecutivo del Fondo globale per la lotta all’AIDS, la tubercolosi e la malaria, Mark Dybul, “hanno aperto la strada nel ridurre le nuove infezioni tra i bambini e stanno ora aprendo la strada per garantire che tutti i bambini con l’HIV ricevono un trattamento.”
Nel suo discorso introduttivo, il cardinale Peter Tuckson ha richiamato l’enciclica “Laudato sì” di Papa Francesco che sfida il mondo ad agire in maniera rinnovata e coordinata contro i fattori che provocano il deterioramento dell’ambiente naturale e sociale, come i cambiamenti climatici, le pandemie, la povertà, i conflitti e la violenza. In una dichiarazione separata, Papa Francesco ha specificamente invitato i partecipanti alla riunione per trovare

“nuove possibilità di fornire un maggiore accesso alle diagnosi e ai trattamenti salvavita” per i bambini.

Al termine dell’incontro, i partecipanti si sono impegnati a trovare soluzioni collettive, come gli accordi con più partner, per incoraggiare ulteriori ricerche sul trattamento per l’HIV per i bambini, per accelerare il processo di sperimentazione, il riconoscimento e la registrazione di nuovi farmaci antiretrovirali per i bambini, per trovare soluzioni innovative per i farmaci preventivi, la fornitura di stock di farmaci e per rafforzare il sistema sanitario dei paesi in via di sviluppo. I partecipanti hanno convenuto di riconvocarsi per mettere a punto una road map per migliorare l’accesso al trattamento per l’HIV per tutti.

E Caritas Internationalis si è presa l’impegno di portare tutte queste istanze all’Assemblea generale delle Nazioni Unite che dall’8 al 10 giugno prossimi vedrà impegnati i leader di tutto il mondo a trovare soluzioni per porre fine all’AIDS.

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